BRUSCA E STRIGLIA
UN RICORDO CHE VUOLE ESSERE UN OMAGGIO ALL’AMICO MULO
Chissà quanti ricordi ritorneranno, vedendo l’allegata foto con gli attrezzi così familiari ai conducenti. Al mattino si iniziava con brusca e striglia; si formava un circolo di 8 muli e, al comando di un caporale, si pulivano testa, collo e criniera, poi petto, spalla e garrese. Si finiva dopo un’ora e mezza circa, poi abbeverata e rientro con i muli in scuderia. Ogni notte il silenzio era rotto dal rumore degli zoccoli dei muli che battevano sulla massicciata delle scuderie. Al campo, i conducenti dopo averli “sbastati” portavano i muli all’abbeveratoio campale mentre il veterinario controllava le spellature e le fiaccature ed il maniscalco la ferratura. Dopo l’abbeverata, si mettevano i muli a cerchio e si metteva la “musetta” con l’avena e poi finalmente al “filare” con un po’ di fieno e paglia. Solo dopo queste operazioni, c’era il rancio per i conducenti.
STORIA DEGLI ULTIMI MULI VIVENTI REDUCI DALLE TRUPPE ALPINE
Le adunate nazionali sono occasione per nuovi incontri e nuove esperienze e l’adunata di Catania non poteva essere da meno. Infatti, durante il viaggio in treno ho avuto la fortuna di fare la conoscenza dell’Alpino Giovanni Tieppo, conducente muli della Sezione di Vittorio Veneto che, da alcuni anni assieme ad altri Alpini della medesima sezione, si prende cura di alcuni muli acquistati ad un’asta militare. E’ stato naturale parlare dei muli, anche perché al mio battaglione, il Tolmezzo, avevamo 186 muli e 8 cavalli con i quali dividevamo le fatiche di numerose marce specie ai campi. Giovanni non si è fatto pregare raccontandomi la nascita di questa singolare avventura.
"Nell'anno 1993 la brigata Alpina Cadore ha messo all'asta gli ultimi muli in dotazione alle Truppe Alpine. Un socio del Gruppo Alpini di Cappella Maggiore, della sezione di Vittorio Veneto, l'Alpino De Luca Antonio vi ha partecipato riuscendo ad acquistarne sette: FINA, GIGIO, GORO, IROSO, LAIO, LEO, LUCIO sia per utilizzarli nella sua impresa boschiva, sia per evitare che questi "amici degli alpini" fossero destinati al macello. I primi tre anni i muli ripagarono il loro mantenimento rendendosi utili nel trasporto del legname fuori dal bosco. Da quattro anni, sono stati "pensionati" ed il loro mantenimento è a totale carico del proprietario. Oggi, il loro impiego esclusivo è quello di tenere vivo il ricordo di quelle che furono le gloriose "Salmerie" dell'Esercito Italiano. Infatti, questi splendidi quadrupedi sono un vero "museo vivente" che serve a dare chiara idea di quello che fecero i loro predecessori ed i loro "Sconci" ( cosi erano soprannominati i conduttori di muli) nei più svariati teatri di guerra. La sezione di Vittorio Veneto al fine di tutelarli in questi ultimi anni di vita ha costituito nel 2000 con gli alpini che hanno a cuore questi animali, il Reparto Salmerie. Questo Reparto, procurati gli originali equipaggiamenti militari ed un cannone da 75B, si prodiga per la loro salvaguardia e per accompagnarli alle manifestazioni Alpine e alle marce in montagna. L'intendimento è quello di preservarli il più a lungo possibile e, in ricordo dei loro fratelli che in pace e in guerra condivisero i sacrifici e gli eroismi degli Alpini diventandone il simbolo inscindibile come la penna nera, portarli a cogliere l'applauso e l'ammirazione dei loro vecchi "Sconci" e della popolazione." Al termine del racconto, dopo una pausa, Giovanni ha voluto aggiungere un passo del libro Cuore di Edmondo De Amicis che pur nella sua estrema sintesi riesce a rendere l’effetto di come Alpini e muli siano stati un tutt’uno anche nell’immaginario collettivo: "...e poi venne su lenta, grave, bella nella sua apparenza faticosa e rude, coi suoi grandi soldati, coi suoi muli potenti l'artiglieria da montagna....". E mentre con l’immaginazione vediamo scomparire all’orizzonte questa scena, i ricordi vanno ai momenti indimenticabili, quando servendola Patria diventavamo uomini anche grazie agli insegnamenti dei nostri muli fedeli.
A./D.P. 16 luglio 2002
DEDICATO AGLI ARTIGLIERI DA MONTAGNA E AI MULI
Nel 1969 (quaranta anni fa!) per la prima volta l’uomo mise piede sulla luna; è stata una conquista per tutta l’umanità, un grande evento.
Lo stesso giorno, per la prima volta, una Batteria di Artiglieria da Montagna someggiata ha scavalcato la forcella URTICELLO (Urtisiel) a sud delle Cridole (è la via più breve che dal rifugio GIAF di Forni di Sopra conduce al più noto rifugio Pordenone a Cimolais).
La Batteriain questione è la 34ª del Gruppo Udine – 3° Rgt. Art. da Montagna - Brigata Alpina “Julia”, alla quale sono stato assegnato per tutta la naja, dopo il B.A.R. a l’Aquila, con incarico di Capo Pezzo.
I PROTAGONISTI DELL’IMPRESA
- Il Generale Ardizi ZAVATTARO (Comandante delle truppe Carnia - Cadore)
- Il Maggiore TOLDO Comandante del Gruppo Udine
- Il Tenente TOMAT Comandante della 34ª BTR (mortai da 120 pesante)
- L’artigliere (sottoscritto) Angelo Reffo, Capo Pezzo del I° Pezzo
- I serventi, ancora amici, Mauro, Cudini, Cavezzan, Gregoratti e altri
- I conducenti Topatich, Ferro, Ruzzenenti, Faustini, Chies Angelo e Chies Renzo e altri
- I fedeli muli: Emulo (bocca da fuoco), Zattera (fustino), Caraca (piastra), Branda e altri caricati con casse di bombe da mortaio e tutto l’occorrente perché il pezzo sia pronto a fare fuoco.
N.B.: altri due quadrupedi erano caricati con razioni Kappa (per gli uomini); fieno e avena (per le bestie). Acqua: nessun problema vista l’abbondanza in quella zona.
I FATTI
Una mattina del mese di maggio del 1969 il Ten. TOMAT (Com.te di batteria), il Ten. veterinario (fresco di laurea) e il sottoscritto siamo convocati in Maggiorità per andare in ricognizione. Siamo su una jeep che si dirige verso Nord. Dopo Forni di Sopra svoltiamo a sinistra e il mezzo si inerpica lungo uno sterrato fino a raggiungere il rifugio GIAF. Il gestore vedendoci arrivare ci saluta e .. come primi clienti della stagione, ci offre una grappa con le punte di mugo.Il Maggiore Toldo lo informa che nel mese di luglio saremo li per provare a passare per forcella URTISIEL; il gestore ascolta il Maggiore, scuote la testa, ma non dice niente. Infatti, appena sopra di noi, c’è ancora molta neve e non si può salire per andare in ricognizione ma l’Ufficiale superiore ci indica, da sotto, dove si dovrebbe passare. Ai primi di giugno con uomini e muli partiamo per il campo estivo come da programma prestabilito:
- campo fisso per la scuola di tiro sul monte Bivera
- a seguire, campo mobile
(per un totale 63 gg. trascorsi all’aperto fuori dalla caserma Cantore di Tolmezzo).
Il 29 giugno (San Pietro) giorno di riposo del campo fisso, alla chetichella, riusciamo finalmente ad andare in ricognizione e scavalcare la forcella. Scendiamo al rifugio Pordenone dove, seduti davanti ad un piatto di pastasciutta, il Maggiore Toldo chiede al Ten. veterinario (gamel): “è sicuro che i muli riescano a passare?”; il Tenente non risponde ma il Maggiore continua così:
“se i muli passano anche gli artiglieri da montagna passeranno”.
Con questo missiva e cruccio si ritorna a Sauris di Sopra. Terminato il campo fisso ci mettiamo in marcia e dopo una settimana di cammino arriviamo con tutta la batteria al rifugio GIAF. In un paio di giorni, assieme agli alpini del Batt. Tolmezzo, riusciamo a sistemare i punti più difficili per poter far passare i muli caricati. Il giorno dello scavalcamento sveglia alle 03,00: sbaraccamento del campo, caffè corretto, doppia razione di avena ai muli (più la musetta piena), due cioccolate a testa e, in silenzio, si parte.
Alle 14,00 arriviamo sopra la forcella; ad attenderci il Gen. Zavattaro che era salito dal rifugio Pordenone.
Un sorso di cognac a testa e giù anche noi fino al rifugio stesso. opo aver scaricato i muli, dato loro da mangiare e allineati nel filare, incominciamo a montare le tende per la notte ma ci accorgiamo che ci sono parecchie vipere. Sbaracchiamo il tutto e con una ulteriore scarpinata arriviamo a Claut che è buio (anche se è luglio), ma in compenso si può dormire al coperto. L’indomani, mentre godiamo del meritato riposo, incominciano ad arrivare complimenti e damigiane di vino un po’ da tutti, anche dal gestore del rifugio GIAF. Il campo mobile continua: da Claut si arriva a Barcis, si attraversa il ponte di legno, si sale il Pian delle More e si arriva in Piancavallo.
Li, il pomeriggio, sono sotto la tenda e vengo chiamato a rapporto dal Gen. Zavattaro. Raggiunto il posto di comando lo saluto; mi guarda e mi da le foto scattate giorni prima dal cappellano militare (sono quelle sul giornale). Mi racconta poi la storia di quella forcella URTICELLO, finalmente violata, non solo dagli alpini, ma anche da una batteria da artiglieria da montagna.
Quando il Generale mi congeda lo ringrazio, lo saluto e me ne vado fissando le fotografie. Dopo pochi passi mi fermo; ritorno indietro, mi riavvicino al Generale (che era circondato da ufficiali di ogni grado) e facendogli osservare bene le foto commentai:
“se invece del berretto da stupido avessimo avuto il cappello alpino !!”.
Il superiore mi risponde bonariamente:
“non rimbeccare”.
Prese poi una bottiglia di grappa con la genziana e mi riempì un capiente bicchiere.
Dopo 40 anni sono dello stesso parere e certamente dal paradiso del Cantore anche il Generale mi è solidale: “la stupida non ha nessuna parentela con il cappello alpino”.
Luglio 1969 ÷ Luglio 2009 - RINGRAZIO DIO: ERAVAMO E SIAMO IN TEMPO DI PACE
Angelo REFFO
Capo Gruppo Richinvelda